Bluebird bio, in occasione dell’edizione virtuale dell’EHA2021 (26° Congresso della European Hematology Association, 9 – 17 giugno 2021) ha presentato i dati di diversi studi sulla terapia genica betibeglogene autotemcel (beti-cel) in pazienti con β-talassemia trasfusione-dipendente (TDT).
I dati dello studio di follow-up a lungo termine (LTF-303) dimostrano che tutti i soggetti trattati con beti-cel che raggiungono l’indipendenza trasfusionale (IT) rimangono liberi da trasfusioni, con il follow-up più lungo pari a sette anni.
Inoltre, in tutti gli studi di Fase 3, l’89% (32/36) dei pazienti valutabili di tutte le età e genotipi ha raggiunto la IT e rimane libero da trasfusioni.
Negli studi su beti-cel, l’IT è definita come l’assenza della necessità di trasfusioni di globuli rossi per almeno 12 mesi, mantenendo una Hb media ponderata di almeno a 9 g/dl.
L’assenza di eventi avversi associati a beti-cel oltre 2 anni dopo l’infusione conferma un profilo di sicurezza a lungo termine favorevole per questo medicinale.
I livelli di ferro si sono avvicinati alla normalità e i marcatori dell’emolisi si sono normalizzati, a indicare una produzione di globuli rossi sani in assenza di trasfusioni.
La β-talassemia trasfusione-dipendente
La TDT è una malattia genetica grave causata da mutazioni del gene della β-globina in grado di ridurre o diminuire in modo significativo i valori dell’emoglobina (Hb). Per sopravvivere, le persone con TDT hanno bisogno di trasfusioni di sangue croniche per mantenere adeguati livelli di Hb. Le trasfusioni comportano il rischio di un progressivo danno multiorgano dovuto all’inevitabile sovraccarico di ferro.
Evangelia Yannaki, direttore del Centro di terapia genica e cellulare, Dipartimento di ematologia, Ospedale George Papanicolaou, Salonicco, spiega che molto pazienti, anche molto giovani, necessitano di trasfusioni a distanza di poche settimane. Questo comporta complicanze, come il sovraccarico da ferro, che compromettono gravemente la qualità di vita.
Betibeglogene autotemcel (beti-cel)
Beti-cel è una terapia genica una tantum che aggiunge copie funzionali di una forma modificata del gene della β-globina (gene della βA-T87Q-globina) nelle cellule staminali ematopoietiche (del sangue) del paziente. Una volta introdotto, il gene della βA-T87Q-globina rende il paziente potenzialmente in grado di produrre HbAT87Q, emoglobina dell’adulto derivata dalla terapia genica, in quantità tale da eliminare o ridurre significativamente la necessità di trasfusioni.
La Commissione Europea ha concesso l’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata (CMA) per beti-cel nel giugno del 2019.
Il 28 aprile 2020, l’EMA ha rinnovato la CMA per beti-cel. La CMA per beti-cel è valida nei 27 stati membri dell’UE, nonché nel Regno Unito, in Islanda, nel Liechtenstein e in Norvegia. Nel novembre 2020, bluebird bio ha presentato domanda all’EMA per il secondo rinnovo della CMA. Questa procedura è attualmente sospesa poiché il Comitato di valutazione dei rischi per la farmacovigilanza (PRAC) dell’EMA sta esaminando la sicurezza di beti-cel. La CMA rimane valida durante la valutazione della domanda di rinnovo da parte dell’ente regolatorio.
L’FDA ha concesso a beti-cel lo status di farmaco orfano e la designazione di Breakthrough Therapy per il trattamento della TDT.
Bluebird bio sta portando avanti, nei tempi previsti, il completamento della domanda di autorizzazione per i prodotti biologici (BLA) all’FDA per beti-cel.
Studi su betibeglogene autotemcel (beti-cel) per la β-talassemia
Beti-cel continua a essere valutato negli studi di fase 3 Northstar-2 (HGB-207) e Northstar-3 (HGB-212) attualmente in corso.
Bluebird bio sta conducendo uno studio di follow-up sulla sicurezza e l’efficacia a lungo termine, LTF-303, per i soggetti che hanno partecipato agli studi clinici di beti-cel sponsorizzati da bluebird bio.
Alla data di chiusura dei dati il 9 marzo 2021, un totale di 63 pazienti con TDT di tutti i genotipi ed età, compresi 19 pazienti con almeno cinque anni di follow-up, 8 con almeno sei anni e 2 fino a sette anni, sono stati trattati con beti-cel negli studi di Fase 1/2 HGB-204 (Northstar) e HGB-205, e negli studi di Fase 3 HGB-207 (Northstar-2) e HGB-212 (Northstar-3).
Lo studio LTF-303 su betibeglogene autotemcel (beti-cel) per la β-talassemia
Dopo aver partecipato e ultimato i due anni di follow-up in uno qualsiasi degli studi di Fase 1/2 o Fase 3 (HGB-207, HGB-212), i pazienti trattati con beti-cel sono stati invitati ad arruolarsi in uno studio di follow-up a lungo termine di 13 anni, l’LTF-303. Alla data del 9 marzo 2021, 51 su 63 pazienti di diverse fasce d’età e genotipi con TDT di gravità variabile hanno completato 2 anni di follow-up nello studio di riferimento e sono stati arruolati nell’LTF-303 (22 trattati negli studi di fase 1/2, 29 trattati negli studi di fase 3) con un follow-up mediano post-infusione di 44,2 mesi (min-max: 22,9 – 86,5).
Dei 51 pazienti arruolati nell’LTF-303, tutti i 40 pazienti che avevano raggiunto l’indipendenza trasfusionale nello studio di origine l’hanno mantenuta all’ultimo follow-up dell’LTF-303: 15/22 (68%) pazienti trattati negli studi di Fase 1/2 e 25/29 (86%) pazienti trattati negli studi di Fase 3.
Alla data di chiusura dei dati, tutti i pazienti che avevano raggiunto l’IT (n=40) sono rimasti liberi da trasfusioni fino all’ultimo follow-up. I pazienti della fase 1/2 hanno avuto una durata mediana dell’IT di 57,1 mesi (min-max: 15,8 – 84,1), mentre i pazienti della fase 3 hanno avuto una durata mediana dell’IT di 26,3 mesi (min-max: 13,1 – 39,4).
L’emoglobina (Hb) media ponderata tra i pazienti che hanno ottenuto l’IT ha raggiunto livelli normali o quasi normali negli studi di Fase 1/2 (10,3 g/dl; min-max: 9,1 – 13,2) e negli studi di Fase 3 (11,8 g/dl; min-max: 9,4 – 13,7).
Dopo l’infusione, la concentrazione epatica di ferro (LIC) nei pazienti che hanno raggiunto l’IT ha mostrato nel tempo una tendenza alla diminuzione verso livelli normali, in particolare nei pazienti con un elevato carico di ferro al basale. I pazienti con un carico di ferro grave (LIC >15 mg/g, n=5) e significativo (LIC ≥7 – 15 mg/g, n=14) al basale hanno ottenuto rispettivamente una riduzione mediana del 59% e del 37% dal basale al mese 48. A 48 mesi, risultavano disponibili le valutazioni per 2/5 e 6/14 pazienti.
Terapia ferro-chelante e beti-cel
Prima dell’infusione di beti-cel, tutti i pazienti ricevevano la terapia ferro-chelante, necessaria per ridurre il ferro in eccesso causato dalle trasfusioni di sangue croniche. Tra i 40 pazienti che hanno raggiunto l’IT dopo il trattamento con beti-cel, il 70% (28/40) ha ripreso la terapia ferro-chelante dopo l’infusione. La maggioranza (61%, 17/28) dei pazienti che avevano ripreso la terapia ferro-chelante ha interrotto tale terapia dopo l’infusione; il 28% (11/40) ha potuto sottoporsi alla flebotomia (rimozione del sangue), il metodo di prima scelta per ridurre il ferro. Tra gli 11 pazienti che hanno potuto ricevere la flebotomia, 10 non ne hanno più avuto bisogno da oltre sette mesi. Il valore dell’Hb totale all’ultima visita dello studio variava da 10,5 a 14,0 g/dl.
Dati di sicurezza nello studio LTF-303
Non si sono registrati decessi e non sono stati riportati casi di lentivirus competente per la replicazione derivato dal vettore né eventi di oncogenesi inserzionale o tumori maligni.
Nello studio di follow-up a lungo termine non è stato segnalato nessun EA correlato al farmaco. Gli EA gravi durante l’LTF-303 non correlati a beti-cel comprendevano (n=1 per ciascuno):
- insufficienza gonadotropica,
- gravidanza ectopica,
- ispessimento della parete della cistifellea/polipi,
- batteriemia, neutropenia,
- colelitiasi,
- chetoacidosi diabetica,
- embolia polmonare,
- morte fetale (a seguito di un aborto spontaneo),
- depressione maggiore.
Gli studi Northstar-2 e Northstar-3 su betibeglogene autotemcel (beti-cel) per la β-talassemia
Alla data del 9 marzo 2021, 41 pazienti sono stati trattati negli studi di Fase 3 HBG-207 (Northstar-2; n=23; follow-up mediano 24,3 mesi [min-max: 13,0 – 27,5]) e HGB-212 (Northstar-3; n=18; follow-up mediano 23 mesi [min-max: 4,1 – 26,8]).
In seguito al trattamento con beti-cel, l’89% (32/36) dei pazienti valutabili di tutte le età e genotipi in entrambi gli studi ha raggiunto l’IT. Alla data di chiusura dei dati, questi pazienti continuano ad essere liberi da trasfusioni con una durata mediana di 25 mesi (min-max: 12,5 – 38,5) e valori medi ponderati di emoglobina totale durante la IT pari a 11,6 g/dl (min-max: 9,3 – 13,7).
L’emoglobina mediana derivata dalla terapia genica (HbAT87Q) è rimasta stabile per circa sei mesi dopo l’infusione:
- 8,8 g/dl al mese 6 (n=33),
- 9,2 g/dl al mese 9 (n=34),
- 8,7 g/dl al mese 12 (n=36),
- 9,3 g/dl al mese 18 (n=29),
- 8,9 g/dl al mese 24 (n=26).
Nelle analisi esplorative, i biomarcatori dell’eritropoiesi inefficace hanno mostrato una tendenza alla normalità nel tempo nei pazienti che hanno raggiunto l’IT. Anche i marcatori dell’emolisi si sono normalizzati nei pazienti che hanno raggiunto l’IT, a sostegno del potenziale di modificazione della malattia di beti-cel nei pazienti con TDT.
Profilo di sicurezza di betibeglogene autotemcel (beti-cel) negli studi Northstar-2 e Northstar-3
Il regime terapeutico comprendente mobilizzazione/aferesi, condizionamento e infusione di beti-cel ha un profilo di sicurezza coerente con gli effetti noti della mobilizzazione con G-CSF e plerixafor e della mieloablazione con busulfano in monoterapia.
La malattia epatica veno-occlusiva di grado ≥ 3 osservata in tre pazienti è stata attribuita al condizionamento con busulfano e si è risolta con il trattamento con defibrotide. Un paziente ha sviluppato un grave scompenso cardiaco congestizio di grado 3 non correlato al prodotto farmaceutico, passata al grado 1 a 5 mesi e risoltosi a 12 mesi.
Gli eventi avversi considerati correlati o potenzialmente correlati al prodotto farmaceutico sono stati trombocitopenia (n=3), dolore addominale (n=3), leucopenia (n=1), neutropenia (n=1), dolore alle estremità (n=1), tachicardia (n=1) e disturbi autoimmuni (n=1).
Gli EA non ematologici post-infusione di grado ≥3 non associati a beti-cel in ≥3 pazienti in entrambi gli studi comprendono:
- infiammazione orofaringea (n=29),
- neutropenia febbrile (n=20),
- epistassi (n=8),
- calo dell’appetito (n=6),
- piressia (n=5),
- aumento dell’alanina aminotransferasi (n=5),
- malattia epatica veno-occlusiva (n=3).
Non vi sono stati decessi, nessun fallimento del trapianto o malattia del trapianto contro l’ospite e nessun caso di lentivirus competente per la replicazione, oncogenesi inserzionale, predominanza clonale o neoplasia maligna.