Negli ultimi anni i farmacisti europei vivono una contraddizione sempre più evidente: molte terapie esistono, sono autorizzate, ma al banco, anche a quello ospedaliero, non arrivano o arrivano a singhiozzo.
Secondo il Medicine Shortages Report 2024 della PGEU, le carenze hanno colpito tutti i Paesi europei; il 2024 è rimasto sui livelli del 2023, descritto come “il peggior anno” mai registrato. I farmacisti di comunità dichiarano di dedicare in media circa 11 ore a settimana alla gestione delle carenze, tre volte più che dieci anni fa.
Parallelamente, la Corte dei Conti europea (ECA) ha documentato che, tra il 2022 e l’ottobre 2024, le autorità nazionali hanno segnalato all’EMA 136 carenze critiche, molte delle quali riguardano antibiotici e analgesici di uso comune: una situazione che gli auditor definiscono una “cefalea cronica” per l’Unione.
Per chi lavora in farmacia, tutto questo non è un dibattito astratto ma un problema operativo quotidiano. Proviamo quindi a rimettere ordine, basandoci soltanto su fonti istituzionali aggiornate al 2025, e a capire che cosa sta cambiando – e che cosa ci si può realisticamente aspettare nei prossimi anni.
Shortage o mancata disponibilità
Due problemi diversi (che spesso si sommano)
L’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) definisce medicine shortage una situazione in cui la fornitura di un medicinale non soddisfa la domanda a livello nazionale o dell’UE, per cause che possono andare da problemi produttivi a picchi improvvisi di utilizzo, fino a crisi sanitarie.
Accanto a questo, esiste un secondo problema, spesso meno visibile ma altrettanto rilevante per pazienti e farmacisti:
- farmaci autorizzati dall’EMA ma non immessi in commercio in alcuni Stati membri, perché le aziende non presentano domanda di prezzo e rimborso, o la presentano in forte ritardo;
- differenze fra sistemi di HTA (Health Technology Assessment) e di rimborso nazionali, che fanno sì che un farmaco innovativo sia disponibile in tempi brevi in alcuni Paesi e con anni di ritardo in altri.
La Comunicazione della Commissione europea “Addressing medicine shortages in the EU” (COM(2023)672) riconosce esplicitamente questa doppia dimensione: carenze di prodotti già sul mercato e “market failures” che impediscono l’accesso in parti dell’Unione, nonostante l’autorizzazione centralizzata.
Per il farmacista al banco, le due cose si traducono in un’unica esperienza: il paziente arriva con una prescrizione e il farmaco non c’è – perché formalmente inesistente sul mercato nazionale, perché non rimborsato o perché semplicemente esaurito.
Quanto è grande il problema oggi
Dal punto di vista quantitativo, alcuni indicatori aiutano a delimitare il perimetro:
- la Corte dei Conti europea (Special Report 19/2025) rileva che, fra gennaio 2022 e ottobre 2024, sono state notificate a EMA 136 carenze critiche di medicinali, con un picco nel biennio 2023–2024;
- il rapporto annuale EMA 2024 conferma che le carenze di medicinali sono un problema strutturale, con cause multiple lungo la catena di fornitura, e le indica come priorità per la rete regolatoria europea;
- il PGEU Medicine Shortages Report 2024 mostra che:
- tutti i Paesi membri riportano carenze;
- per la seconda volta consecutiva, la situazione è descritta come “la peggiore mai osservata”;
- i farmacisti di comunità spendono ormai quasi 11 ore settimanali a gestire le mancanze, con impatti diretti sull’organizzazione del lavoro e sulla relazione con il paziente;
- l’EAHP (associazione europea dei farmacisti ospedalieri) descrive una crescente escalation delle carenze negli ospedali, con ricadute su terapie critiche e percorsi chirurgici complessi.
A questo si aggiungono le disuguaglianze di accesso ai farmaci innovativi fra Stati membri, documentate sia dalla Commissione sia da analisi indipendenti: tempi di negoziazione lunghi, mercati piccoli o meno attrattivi, condizioni economiche poco favorevoli possono portare le aziende a ritardare o evitare il lancio in alcuni Paesi, pur avendo ottenuto l’autorizzazione UE.
Perché i farmaci non arrivano
Dalla catena di fornitura globale alle regole del mercato interno
Le cause individuate dalle istituzioni europee sono molteplici e interconnesse:
- Vulnerabilità delle catene di fornitura
La dipendenza da pochi fornitori globali di principi attivi e intermedi, spesso localizzati in Asia, rende la produzione europea esposta a blocchi, tensioni geopolitiche e problemi logistici.
Il lavoro di HERA sulla Union list of critical medicines e sui relativi rischi di supply chain mostra, ad esempio, criticità concentrate su antibiotici, oncologici e farmaci salvavita per l’urgenza. - Margini economici ridotti per i generici “maturi”
Farmaci essenziali a basso prezzo, dopo anni di gare al ribasso, possono diventare poco sostenibili da produrre: basta un unico sito fermo o l’uscita di un produttore per far emergere carenze significative. Questo aspetto è richiamato sia nel Communication del 2023 sia nel dibattito sulla nuova legislazione farmaceutica. - Frammentazione regolatoria e di rimborso
L’autorizzazione centralizzata EMA non garantisce di per sé la presenza del farmaco in tutti i mercati: i processi di HTA e negoziazione prezzo–rimborso restano nazionali, con criteri e tempistiche differenti. Il risultato è che, per alcune terapie innovative, la disponibilità e il rimborso possono variare di anni da un Paese all’altro. - Informazioni incomplete e risposta poco coordinata
La Corte dei Conti europea sottolinea come, al di fuori delle situazioni di crisi, il sistema europeo soffra ancora di dati non omogenei e di un quadro giuridico incompleto per gestire le carenze in modo proattivo, limitando il potere di intervento dell’EMA nei periodi “ordinari”.
Per il farmacista, questi fattori si traducono in un terreno mobile su cui costruire soluzioni quotidiane: sostituzioni, ricette da rivedere, telefonate ai prescrittori, gestione delle attese dei pazienti.
Che cosa sta facendo l’Europa
Dalla lista dei farmaci critici al Critical Medicines Act
Negli ultimi due anni, la risposta dell’Unione europea al problema delle carenze di medicinali ha subito un’evoluzione significativa: da una gestione prevalentemente emergenziale si sta passando, almeno nelle intenzioni, a un approccio strutturale fondato su monitoraggio continuo, pianificazione industriale e rafforzamento della produzione interna.
Il coordinamento EMA e il ruolo del MSSG
Il perno operativo della governance europea sulle carenze è oggi l’Executive Steering Group on Shortages and Safety of Medicinal Products (MSSG), istituito presso l’EMA. Questo gruppo riunisce Commissione europea, Agenzia regolatoria e autorità nazionali con il compito di:
- monitorare in modo sistematico le segnalazioni di carenza provenienti dagli Stati membri;
- individuare precocemente le vulnerabilità delle catene di fornitura;
- coordinare le misure di mitigazione;
- favorire, quando necessario, la cooperazione volontaria fra Paesi per la gestione delle forniture in situazioni di criticità.
Non esiste un “meccanismo di solidarietà” formalizzato come strumento autonomo, ma una solidarietà operativa coordinata nell’ambito istituzionale EMA–HMA, già sperimentata durante la pandemia e successivamente nelle crisi legate ad antibiotici, farmaci pediatrici e medicinali di emergenza.
La Union list dei medicinali critici
Un passaggio chiave è rappresentato dalla Union list of critical medicines, pubblicata per la prima volta nel 2024 e aggiornata nel 2025. Si tratta di un elenco europeo delle sostanze attive considerate strategiche per la sicurezza sanitaria dell’Unione, selezionate in base a tre criteri: insostituibilità terapeutica, rilevanza clinica e rischio di interruzione della fornitura.
La lista comprende oggi centinaia di principi attivi, con una forte concentrazione su antibiotici, oncologici, farmaci per l’emergenza e terapie salvavita. Questo strumento non ha una funzione meramente descrittiva: costituisce la base tecnica su cui la Commissione orienta misure industriali, politiche di approvvigionamento, incentivazioni produttive e futuri vincoli regolatori per le aziende titolari di AIC.
La proposta di Critical Medicines Act
Nel marzo 2025 la Commissione europea ha presentato la proposta di Critical Medicines Act, primo intervento normativo organico pensato specificamente per rispondere alle carenze strutturali di medicinali nell’Unione. L’obiettivo dichiarato è rafforzare la resilienza strategica del sistema farmaceutico europeo attraverso quattro direttrici principali:
- Rafforzamento della produzione in Europa dei farmaci critici e dei relativi principi attivi, identificando “progetti strategici” industriali sostenuti con strumenti finanziari mirati.
- Diversificazione delle catene di approvvigionamento, per ridurre la dipendenza da aree geopoliticamente fragili o da un numero ristretto di fornitori globali.
- Strumenti di acquisto pubblico cooperativo tra Stati membri, per aumentare la leva contrattuale dell’UE nei confronti dei produttori e rendere economicamente sostenibile la produzione di farmaci a basso margine ma ad alto valore sanitario.
- Maggiore trasparenza lungo la supply chain, sia sui siti produttivi sia sui nodi di vulnerabilità, con nuovi obblighi informativi per i titolari di autorizzazione.
Il Critical Medicines Act non è ancora legge: è in fase di discussione tra Parlamento e Consiglio. Tuttavia, rappresenta il primo tentativo concreto di affrontare le carenze non solo come un problema regolatorio, ma come una vera questione di politica industriale europea.
Dalla gestione dell’emergenza al governo del sistema
Nel loro insieme, MSSG, lista dei medicinali critici e proposta di Critical Medicines Act segnano un cambio di paradigma: l’Europa sta cercando di passare dalla reazione ex post alle carenze alla prevenzione strutturale delle vulnerabilità.
Per il farmacista questo significa una cosa molto concreta: nei prossimi anni potrebbero cambiare non solo le modalità di segnalazione delle carenze, ma anche la disponibilità effettiva di alcuni medicinali oggi considerati “a rischio cronico”. I tempi dell’industria e quelli della politica restano però lunghi. Nel frattempo, la gestione quotidiana delle carenze continuerà a gravare in larga parte sulle farmacie, che restano – di fatto – il primo punto di contatto tra crisi della supply chain e bisogni del paziente.
Il ruolo del farmacista nella nuova geografia delle carenze
Nel dibattito europeo, i farmacisti sono riconosciuti come sensori precoci delle tensioni sul sistema e come attori chiave nella gestione delle conseguenze sul paziente. PGEU e EAHP insistono su due piani:
- Piano clinico–relazionale
- gestione delle sostituzioni, nel rispetto delle norme nazionali, privilegiando alternative con profilo terapeutico sovrapponibile;
- comunicazione trasparente con il paziente su motivi, durata attesa e possibili opzioni terapeutiche;
- collaborazione stretta con i medici prescrittori per minimizzare interruzioni o switch non necessari.
- Piano informativo–istituzionale
- segnalazione sistematica delle carenze alle autorità competenti secondo le procedure nazionali;
- contributo alla raccolta dati su durata e impatto delle carenze, essenziale per le analisi a livello EMA e Commissione;
- partecipazione ai tavoli professionali e alle consultazioni pubbliche (ad esempio quelle legate al Critical Medicines Act), per portare la prospettiva della farmacia di comunità e ospedaliera dentro le decisioni di policy.
Checklist pratica per la farmacia
Senza illuderci che il problema si risolva dall’oggi al domani, alcune buone pratiche – in parte già diffuse – possono rendere più gestibile l’“Europa dei farmaci che non arrivano” dal punto di vista del farmacista:
- Aggiornarsi sulle liste nazionali e UE dei farmaci in carenza o critici, integrandole nelle routine di approvvigionamento.
- Mantenere canali rapidi di comunicazione con medici e ASL, per gestire in modo coordinato le alternative terapeutiche.
- Formalizzare procedure interne su come gestire una carenza (chi fa cosa, come si informa il paziente, quali documenti si compilano).
- Documentare sistematicamente ogni shortage rilevante, anche per tutelare la farmacia in caso di contestazioni.
- Partecipare alle iniziative di categoria (sondaggi, raccolte dati, consultazioni) che alimentano la voce comune della professione a livello europeo.
Dal sintomo al sistema
La narrazione “l’Europa dei farmaci che non arrivano” rischia, da sola, di essere ingannevolmente semplice: dietro la confezione mancante ci sono catene di fornitura globali, margini economici compressi, scelte politiche ed equilibri regolatori.
La novità degli ultimi due anni è che il problema non è più confinato alle corsie delle farmacie o alle denunce episodiche delle associazioni: è entrato nell’agenda formale di Commissione, EMA, HERA, Corte dei Conti europea.
Per chi lavora in farmacia, questo significa due cose:
- nell’immediato, la necessità di continuare a gestire carenze e disallineamenti con strumenti professionali e relazionali sempre più raffinati;
- nel medio periodo, la possibilità di far pesare la propria esperienza sul campo nella costruzione delle nuove regole, a partire dai meccanismi di segnalazione e dalle scelte sui farmaci critici.
L’Europa dei farmaci che non arrivano non è un destino scritto: è un cantiere aperto, in cui anche la voce dei farmacisti – se ben documentata e organizzata – può contribuire a ridisegnare la mappa dell’accesso alle cure.

