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Sospensioni: le criticità dei solidi

L'allestimento di sospensioni permette di risolvere diverse criticità ma richiede qualche attenzione in fase formulativa: nel webinar SIFAP-SIFO parte dell'iniziativa La Galenica continua online l'esperienza di alcuni esperti

Antonella Casiraghi (Dipartimento Scienze Farmaceutiche dell’Università degli Studi di Milano) apre il webinar SIFAPSIFO sulle sospensioni affrontandone gli aspetti teorici. L’incontro è parte dell’iniziativa di formazione La Galenica continua online organizzata dalle due società scientifiche.

Una sospensione è un sistema eterogeneo nel quale un componente allo stato solido finemente suddiviso (fase dispersa) è disperso in un solvente (fase disperdente). Dunque, siamo di fronte a un sistema bifasico caratterizzato da una certa instabilità termodinamica.

Quando si ricorre all’allestimento di una sospensione?

In particolare quando il principio attivo è caratterizzato da un problema di solubilità nel solvente, per la gran parte dei casi acqua.

Si tenga presente che non tutti i casi di bassa solubilità impongono la realizzazione della sospensione: a volte, può essere sufficiente potenziare l’agitazione per solubilizzare il principio attivo ed ottenere la soluzione.

In ogni caso, le sospensioni in forma liquida per via orale presentano alcuni vantaggi: rendono facile la deglutizione e possibile il mascheramento dei sapori. In sospensione, infatti, l’impatto del sapore del principio attivo sul sapore del prodotto è limitato.

Le forze che agiscono sulle particelle

Le particelle in sospensione sono soggette a forze di diversa natura.

Da un lato l’agitazione meccanica favorisce la loro dispersione, dall’altro la sedimentazione, che si verifica dopo l’allestimento ed è dovuta principalmente alla forza di gravità, favorisce la loro separazione.

Si può contrastare la sedimentazione?

Sì, scegliendo un particle size sufficientemente piccolo e aumentando la viscosità della fase disperdente (Legge di Stokes).

Il primo aspetto viene sottolineato da Giovanni Filippo Palmieri, docente di Tecnologia Farmaceutica Università di Camerino, che ricorda come il particle size debba essere il più ridotto possibile anche se questo aumenta l’interfaccia solido-liquido, perché l’effetto di sedimentazione è più potente delle tensioni superficiali.

Oltre alla gravità, su un sistema disperso agiscono altre forze, di tipo attrattivo (come le forze di van der Waals) o di tipo repulsivo (come le interazioni elettrostatiche).

A volte prevalgono le une (e quindi le particelle tendono ad aggregarsi) e a volte le altre (e in questo caso le particelle rimangono relativamente distanti fra loro).

Come si può migliorare la dispersione?

La sospensione di particelle lipofile in solvente acquoso comporta difficoltà di dispersione. Se le particelle sono poco bagnabili, la dispersione è ostacolata e può essere necessario aggiungere un agente bagnante, ovvero un tensioattivo.

Una volta che le particelle sono bagnate si distribuiscono nella fase disperdente: a questo punto si possono ottenere dispersioni deflocculate o flocculate.

Le dispersioni deflocculate

Le dispersioni di questo tipo sedimentano per l’azione della forza di gravità molto lentamente, senza generare una separazione visibile fra natante e surnatante e determinando la formazione di un deposito (cake) sul fondo, che comporta difficoltà in fase di ridispersione.

Per ovviare a questo problema, è possibile aggiungere un agente sospendente, che aumenta la viscosità del veicolo. A questo scopo vengono usati i derivati della cellulosa (cellulosa microcristallina e carbossimetilcellulosa sodica) in concentrazione fino all’1-2% o le gomme (gomma xantana), ancora più efficienti.

Le dispersioni flocculate

Generano aggregati di dimensioni maggiori, che quindi hanno velocità di sedimentazione più elevata e portano alla separazione fra natante e surnatante, ma il deposito è tenuto insieme da forze più deboli (non si verifica il caking). In questi casi, agitando si ottiene la ridispersione.

Per promuovere la ridispersione delle sospensioni, vengono aggiunti agenti flocculanti (elettroliti, tensioattivi, idrocolloidi).

In ultima analisi, per massimizzare la qualità della preparazione, la formulazione deve promuovere la ridispersione (e quindi prevenire la formazione del caking) e neutralizzare le interazioni con la fase disperdente e con gli additivi aggiunti.

Gli aspetti formulativi delle sospensioni

La presentazione di Stefano Loiacono (Area Galenica SIFO) inquadra gli aspetti più tecnici dell’allestimento e fornisce esempi formulativi pratici.

Il particle size

Il principio attivo può essere formulato in polvere già pronta o derivato dall’apertura di capsule (che hanno granulometria definita) o, ancora, derivare dalla triturazione di compresse: in quest’ultimo caso, la granulometria dipende dall’operatore.

Il caso di una sospensione di attivo con indice terapeutico ridotto

L’indice terapeutico ridotto genera problemi di tossicità e impone ancora maggiori cautele.

Dovendo, ad esempio, preparare una sospensione di warfarin, si è scelto di utilizzare la polvere o le capsule (che hanno granulometria definita) alla concentrazione di 0,2 mg/mL. La stabilità ridotta e la necessità di fotoprotezione del principio attivo aumenta la complessità dell’allestimento.

Inoltre, nel caso in cui siano presenti intolleranze o allergie agli eccipienti contenuti nelle capsule, la scelta della polvere è obbligata.

Il caso di un particle size non uniforme

Nel caso dell’allestimento di una sospensione di lansoprazolo 3 mg/mL, si verifica che la compressa utilizzata per la preparazione è composta da grani di diversa dimensione.

In casi come questo, la triturazione deve essere attenta e prolungata.

Idrossiurea: le criticità nel dosaggio

La preparazione della sospensione di idrossiurea si rende spesso necessaria perché questa sostanza è disponibile in commercio solo in capsule e compresse rivestite, il cui dosaggio è reso complicato dalle dimensioni notevoli delle forme.

In questo caso, le capsule vengono aperte nel mortaio (utilizzando i necessari dispositivi di protezione sia individuali che collettivi, perché si tratta di un farmaco citostatico) oppure vengono solubilizzate tout court. Si può ricorrere a questa seconda soluzione, che previene l’esposizione al rischio (perchè powderless) perché le capsule hanno un tempo di dissoluzione definito.

La viscosità

Ai fini del miglioramento della viscosità della fase liquida, è possibile utilizzare agenti quali la carbossimetilcellulosa, ma a concentrazioni inferiori al 3% perché al di sopra di questi valori tende a gelificare.

Sostanze come la gomma adragante sono, invece, più complicate da usare.

Realizzazione di una sospensione per il trattamento dell’esofagite

Viene usata la gomma xantana per l’allestimento di una preparazione destinata al trattamento dell’esofagite eosinofila.

Per poter esprimere l’attività terapeutica, il farmaco (budesonide) deve poter rimanere adeso all’esofago: a questo scopo viene scelto di preparare una sospensione in gel.

Gestione dell’instabilità del principio attivo

Il bosentan è un principio attivo che viene impiegato per il trattamento dell’ipertensione polmonare nel neonato. Si tratta di una sostanza molto instabile (con stabilità pari a 24 ore), perché acido-labile.

La criticità viene risolta preparando una polvere per sospensione orale da compresse orodispersibili.

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