La cardiomiopatia artimogena (ACM) è una rara patologia cardiaca di origine genica dovuta a eventi aritmici maligni e a una progressiva sostituzione del miocardio con tessuto adiposo. Questa patologia, infatti, è caratterizzata dal differenziamento delle cellule mesenchimali stromali cardiache (C-MSC) in adipociti e miofibroblasti.
Attualmente non esiste una cura, ma molti sintomi, che sono di tipo aritmico e disfunzionale, possono essere tenuti sotto controllo con dei farmaci. Spesso, però, è necessario ricorrere anche all’impianto di defibrillatori, per cercare di contrastare la morte improvvisa che è molto diffusa soprattutto tra giovani e atleti.
La pubblicazione
Alcuni ricercatori dell’Università di Pavia in collaborazione, tra gli altri, con il Centro Cardiologico Monzino di Milano, l’Università di Milano-Bicocca e la New York University, hanno appena pubblicato sul Journal of Translational Medicine un articolo in cui si analizza come lo squilibrio del calcio contribuisca all’insorgenza della cardiomiopatia aritmogena.
Nell’articolo dal titolo “Ca2+ dysregulation in cardiac stromal cells sustains fibro-adipose remodeling in Arrhythmogenic Cardiomyopathy and can be modulated by flecainide” si discute come una disfunzione di segnalazione del calcio influisca sul rischio aritmico nei cardiomiociti.
In più si analizza come questo fenomeno possa essere regolato somministrando la flecainide, un farmaco autorizzato e ora testato in una nuova modalità d’azione su un bersaglio meccanicistico contro l’accumulo fibro-adiposo.
L’esperimento
Secondo i ricercatori il processo di differenziamento delle C-MSC può essere influenzato da un’alterazione delle oscillazioni spontanee della concentrazione di calcio intracellulare.
Quello che si verifica è l’attivazione costitutiva del SOCE, lo Store Operated Calcium Entry, ovvero l’ingresso di calcio attraverso la membrana cellulare conseguente allo svuotamento del reticolo endoplasmatico. Questo determina un maggiore accesso di calcio nelle cellule mesenchimali cardiache affette da ACM.
I ricercatori hanno utilizzato un decodificatore molecolare, la CaMKII, per monitorare la variazione delle oscillazioni del calcio. Una sua attivazione comporterebbe l’aumento delle oscillazioni, indicando questa via di segnalazione come bersaglio per fini terapeutici.
I risultati
Confrontando le C-MSC malate con quelle provenienti da donatori sani, i ricercatori hanno osservato che la concentrazione di calcio è molto maggiore nelle prime, per via dell’elevata frequenza delle oscillazioni.
Riguardo la CaMKII, essa appare altamente fosforilata nelle cellule malate e anche il SOCE risulta più attivo e rilascia una quantità maggiore di calcio nel reticolo endoplasmatico.
Per confermare l’idea che la disregolazione del calcio sia un fattore determinante nel fenotipo della cardiomiopatia aritmogena, i ricercatori hanno provato a bloccare il SOCE, con una conseguente inibizione della mobilitazione di calcio nel reticolo endoplasmatico.
La flecainide come terapia
Il SOCE è uno dei principali motori delle oscillazioni spontanee di calcio e la sua attivazione è necessaria per innescare le vie di segnalazione calcio-dipendenti a valle, di conseguenza risulta impossibile bloccare completamente la sua azione per far fronte alla patologia.
La somministrazione di flecainide rappresenta invece una strategia efficace, basata sulla sua capacità di sopprimere il rilascio di calcio nel reticolo sarcoplasmatico e permettendo così di controllare efficacemente le aritmie innescate dalla malattia.
In questo studio, il farmaco è stato impiegato su modelli murini per inibire l’attività costitutiva del SOCE, impedendo così il riempimento di calcio del reticolo endoplasmatico e apportando un effetto benefico sulla componente stromale del cuore.
Attualmente è in corso uno studio clinico cross-over doppio cieco per valutare l’efficacia della flecainide nella riduzione del carico aritmico in soggetti umani.
Il Professore Francesco Moccia, responsabile del Laboratorio di Fisiologia Cellulare e Molecolare presso il quale sono stati studiati i segnali di calcio bersagliati dalla flecainide, ha dichiarato che
Il rimodellamento dei segnali di calcio può contribuire a un gran numero di patologie: dalle malattie neurodegenerative alle aritmie, dalla progressione neoplastica ad alcune sindromi da immunodeficienza. Questo studio dimostra che, quando la ricerca di base è svolta con finalità traslazionali, può fornire nuove prove di concetto per lo sviluppo di terapie che sono realmente in grado di migliorare la vita dei pazienti
La flecainide, dunque, potrebbe essere utilizzata in molteplici patologie e permetterebbe di compiere un enorme passo in avanti per quanto riguarda le terapie disponibili.