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Osservatorio Sanità Digitale: fa il suo ingresso la farmacia

In occasione della presentazione dei risultati annuali dello studio realizzato da Osservatorio Sanità Digitale del Politecnico di Milano, vengono illustrati gli scenari della Digital Health che esprimono numeri in miglioramento, ma ancora molti gap da colmare

Sono stati presentati il 19 maggio i risultati degli studi eseguiti nel corso dell’anno dall’Osservatorio Sanità Digitale del Politecnico di Milano. Un’occasione per tornare a rivedersi in presenza, con l’aula piena che ha suscitato l’emozione dei relatori.

La grossa novità di quest’anno è rappresentata dell’ingresso delle farmacie, che per la prima volta entrano a far parte degli stakeholder partecipanti alla ricerca.

Digital Health: le novità

Dopo i saluti iniziali di Cristina Masella, per dare il via ai lavori sale sul podio Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Sanità Digitale. Che apre ricordando le cifre messe a disposizione dalla Missione 6 Salute del PNRR, oltre 15 miliardi complessivi.

Nelle iniziative previste, lo spazio per la digitalizzazione è ampio:

  • Nell’ambito della componente 1 un miliardo è stanziato per la telemedicina
  • Nella componente 2 ampio spazio per gli investimenti in infrastrutture tecnologiche, nel digitale ospedaliero e nello sviluppo delle competenze digitali degli operatori sanitari.

Non si tratta solo di risorse economiche. Un altro elemento importante insito è l’impegno ad effettuare riforme di cui si parlava da tempo. Il DM 71 è destinato ad avere un forte impatto e a promuovere, in particolare, l’utilizzo della telemedicina.

Di recente pubblicazione anche le linee guida per l’applicazione della telemedicina nell’ambito domiciliare.

Nella sua relazione, Corso richiama il modello PPP (Partenariato Pubblico Privato), impegnativo e innovativo, che coglie l’esigenza di mettere in campo risorse ingenti anche da parte del privato. L’introduzione di questo paradigma è una svolta essenziale anche per colmare i divari fra i territori e accelerare l’integrazione dei sistemi locali e nazionali.

Importante anche la pubblicazione delle linee guida per l’attuazione del Fascicolo Sanitario Elettronico. Il FSE diventa un riferimento anche per la programmazione delle policy sanitarie.

L’ingresso delle farmacie

Come si stanno muovendo le farmacie nell’uso della Sanità Digitale rispetto al trend della farmacia dei servizi?

Oggi il principale servizio di esami diagnostici realizzato mediante il sistema della telerefertazione è la telecardiologia.

Grazie ad accordi specifici di settore, l’utilizzo di queste risorse è molto frequente. Ma l’uso di altre tecnologie è minore.

L’impiego della teledermatologia, ad esempio, potrebbe essere interessante ai fini della prevenzione.

Un po’ di numeri

Dalla rilevazione svolta in collaborazione con Doxapharma, emerge che il valore del mercato della Digital Health nel SSN per il 2021 è stimato essere 1,69 miliardi di euro. Una cifra cospicua, anche alla luce del fatto che il mercato non ha ancora risentito delle risorse PNRR.

Sono 29 €/anno per cittadino: pur lontani dai benchmark internazionali, la cifra è in aumento.

La parte del leone la fa la spesa delle strutture sanitarie: 1,2 miliardi € complessivi, in discreta crescita (+ 12% rispetto al 2020). La spesa delle Regioni è pari a 400 milioni € (+14%); in aumento anche quella dei medici MG.

La situazione descrive un quadro coerente anche con le linee di indirizzo degli investimenti previsti nel PNRR. Ma se osserviamo lo scenario complessivo, scopriamo che le cose non vanno così bene. Il rischio che non si riescano a mettere a terra tutte queste risorse è più che concreto.

La visione di un’Azienda Sanitaria su 2 è preoccupata. Non appare, infatti, chiaro quando verranno messi a disposizione questi fondi. Inoltre, permangono le barriere allo sviluppo della Digital Health legate alla formazione.

L’evoluzione della Connected Care

La voce dei pazienti mostra che i cittadini hanno bisogno, molto bisogno di comunicare con il proprio medico. Deborah De Cesare, Ricercatrice Senior dell’Osservatorio Sanità Digitale, mostra il primo dei video con le interviste ai pazienti. La ricerca è stata svolta in collaborazione con AISCAlleanza Malattie Rare, APMARR, FAND, FederASMA, Onconauti e ROPI.

Si tratta di immagini, parole, frasi che trasmettono emozione e partecipazione, curiosità e preoccupazione. Documenti dal valore paragonabile a quello delle survey, per comunicare il rapporto dei pazienti con lo strumento digitale.

Attraverso le loro stesse parole, ripongono fiducia nello strumento digitale, che promette di accelerare i contatti e gli scambi con i professionisti sanitari. Cosa si aspettano i pazienti? Lo sviluppo dei sistemi utili al monitoraggio della propria patologia.

Le app per la salute

La ricerca dell’Osservatorio Sanità Digitale analizza la situazione delle app in ambito salute.

È stato chiesto ai professionisti sanitari se hanno mai consigliato l’uso di una app. Dalle risposte, le app più consigliate sono quelle per controllare i parametri clinici. Seguite dalle app per monitorare gli stili di vita e da quelle sviluppate nell’ottica del miglioramento dell’aderenza alla terapia.

Queste ultime sono fra le più interessanti, dal punto di vista degli operatori sanitari. Intanto, per i risvolti in termini di miglioramento di efficacia e sicurezza della terapia. E poi ai fini del potenziamento dell’empowerment del paziente.

I professionisti si dichiarano propensi a prescrivere, anziché semplicemente a consigliare, le app per la salute. Ciò potrebbe essere uno step importante in vista della diffusione delle terapie digitali.

Le app per la salute più usate dai pazienti sono quelle finalizzate al monitoraggio dei parametri clinici e dello stile di vita. Ma il valore dell’uso di queste app non sembra essere stato compreso appieno.

Il valore dei dati

I dati raccolti risultano essere più valorizzati, anche ai fini del decision making in ambito sanitario.

Gli studi effettuati mostrano che 9 pazienti su 10 sarebbero disposti a usare app per la salute se queste fossero certificate. Insieme agli aspetti legati alla comunicazione, la sicurezza assume un valore essenziale per la penetrazione di questi strumenti nel mercato.

Viene riconfermato il trend positivo dell’uso di internet per cercare informazioni in ambito salute. Le ricerche riguardano soprattutto:

  • Gli stili di vita;
  • Farmaci e terapie;
  • Possibili diagnosi sulla base dei sintomi.

Il 73% dei cittadini dichiara di avere compiuto ricerche di questo tipo. E di prendere abitualmente decisioni sulla propria salute sulla base di quello che ha letto online. Questo costituisce un potenziale problema.

I canali più usati per parlare con il medico sono la e-mail e le app di messaggistica, che offrono la comodità (sono strumenti che tutti usano anche nella vita quotidiana) e la possibilità di un rapido feedback. Se fosse disponibile una piattaforma specifica sarebbero interessati a usarla, a patto di ricevere rassicurazioni sugli standard di sicurezza e di tutela della privacy.

Anche gli operatori sanitari usano e-mail e app di messaggistica, ma si dichiarano meno interessati per il futuro. Vengono infatti ritenuti canali di comunicazione non appropriati per il tipo di messaggi scambiati.

La telemedicina

Chiara Sgarbossa, Direttrice dell’Osservatorio Sanità Digitale, apre il sipario sulla telemedicina. Che appare un’attività interessante per i medici, in attesa di un cambiamento nel settore ma con la volontà di capirci di più.

I vantaggi che vengono evidenziati sono:

  • Maggiore efficienza nello scambio di documenti con il paziente, che può avvenire anche prima della visita;
  • Eliminazione degli spostamenti non necessari;
  • Utilizzo del tempo risparmiato per altre attività.

Ma, accanto ai benefici, vengono rilevate anche alcune criticità:

  • L’uso di soluzioni tradizionali per applicazioni innovative, aspetti che creano caos nella comunicazione;
  • Preoccupazione per la possibilità che la telemedicina diventi un’attività aggiuntiva, che si sommi a quelle già esistenti oggi, senza sostituirne alcuna.

La maggior parte dei medici esegue meno di 10 televisite al mese e vive, quindi, la telemedicina come un’attività sporadica. In pochi casi l’agenda è stata riorganizzata. Quasi sempre l’attività di televisita viene effettuata in modo non ordinato e non organizzato. Non è stato realizzato, insomma, l’ambulatorio virtuale su cui si fantasticava.

La televisita ha accesso limitato per i pazienti. Non tutti possono sottoporvisi. Anche se frequenza è in aumento.

Il telemonitoraggio è usato di più. Anche se non sembra, dalle risposte ai quesiti, che sia stato ben compreso il significato del termine, spesso confuso con l’utilizzo di app di monitoraggio dell’uso dei farmaci o della malattia.

I pazienti si sentono pronti

Oltre l’80% dei pazienti vorrebbe che il medico proponesse queste soluzioni, perché ne riconosce i benefici.

I pazienti si definiscono anche pronti all’uso di questi servizi.

La maggior parte di essi ritiene di possedere gli strumenti e le competenze digitali necessarie. Ma non sempre si registra piena consapevolezza sul significato di queste dichiarazioni. La privacy non viene vissuta come una barriera all’utilizzo dello strumento digitale.

Solo il 25% dei pazienti dichiara che il proprio medico usa questi strumenti di cura.

La lesson learned

I dati emersi denotano l’esigenza di un cambiamento radicale riguardo la Digital Health. Un cambiamento non tanto in termini di quantità di applicazioni della telemedicina. Serve una nuova mentalità.

Non basta basarsi sulle linee guida disponibili, ma serve promuovere un consensus nelle singole aree cliniche, per avere chiare le applicazioni per ogni area.

Occorre ripensare i processi di cura e prevenire il rischio insito nell’adattamento dei processi tradizionali nuovo scenario.

È anche necessario aumentare il coinvolgimento dei professionisti che dovranno utilizzare questi strumenti, che dovranno essere certificati.

Quale Sanità per i cittadini

Emanuele Lettieri, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Sanità Digitale, traccia il ritratto della Sanità come se la immaginano i cittadini:

  • Umana;
  • Personalizzata;
  • Connessa;
  • Partecipata.

In generale, pensano che questa condizione possa essere raggiunta attraverso lo strumento digitale.

Si denota nei cittadini anche un certo ottimismo nel credere nelle proprie competenze. Molti di loro magari non sono effettivamente competenti. Ma hanno costruito delle reti, attraverso caregiver, figli, nipoti per gestire questi aspetti.

Per quanto riguarda le competenze degli operatori sanitari, i punti su cui emerge la necessità da parte dei cittadini di incentrare gli interventi formativi sono:

  • La Cartella Clinica elettronica;
  • I sistemi a tutela della privacy e della sicurezza;
  • La telemedicina.

Fra i professionisti, una percentuale elevata dichiara di avere ricevuto già una buona formazione. Vorrebbero, per il futuro, una formazione più focalizzata su telemedicina, consapevolezza e comprensione degli strumenti di supporto alla decisione.

A questo proposito, le aziende private nel settore life science organizzano numerosi corsi con provider ECM per raggiungere questi obiettivi.

La preoccupazione è che si tratti di interventi frammentati, isolati, privi di un coordinamento comune. Sono necessarie riflessioni sulle caratteristiche che i professionisti dovrebbero sviluppare per affrontare nel migliore dei modi la transizione digitale.

Introdurre due nuovi focus di formazione

La Digital Literacy è definita come la capacità di svolgere operazioni semplici con lo strumento digitale.

Le e-health competencies rappresentano invece la capacità di utilizzare specifici strumenti digitali, come la ricetta elettronica.

In questi due ambiti potrebbero mancare 2 nuovi blocchi di formazione:

  • Digital soft skill, la capacità di orientarsi nel mondo digitale, un elemento della comunicazione digitale che ha a che vedere con il sapere comunicare fra colleghi o con i pazienti;
  • e-leadership, la capacità di accogliere l’opportunità che il digitale offre, saperne guidare il cambiamento e cogliere i risultati.

In tutto questo, il gap da colmare sembra essere la gestione del cambiamento, la comprensione dei sistemi da impiegare per misurare gli impatti del digitale.

Il sistema HTA funziona bene nel mondo del farmaco e abbastanza bene nel medtech. Ma sul digitale c’è ancora molto lavoro da fare.

Il Fascicolo Sanitario Elettronico

Per quanto riguarda il Fascicolo Sanitario Elettronico le risorse ci sono in termini di PNRR. Complessivamente, come sottolinea Paolo Locatelli, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio, il Piano mette a disposizione 1,38 miliardi €.

L’obiettivo è il potenziamento e le parole chiave sono:

  • Diffusione;
  • Omogeneità;
  • Accessibilità su tutto il territorio nazionale.

Questi aspetti lo rendono un asset fondamentale non solo per la raccolta del dato sanitario ma anche per la sua valorizzazione. Il PNRR dovrebbe riuscire a permettere di mettere a terra le potenzialità del FSE non appieno sfruttate.

Poi, ci sono le criticità. In primis, la distribuzione a macchia di leopardo nell’utilizzo. Inoltre, il nucleo minimo di documenti clinici non è abilitato in tutte le Regioni. E in più gli standard  di alimentazione non sono allineati sul territorio.

Bisogna lavorare molto per colmare i gap legati allo strumento e alla sua piena attuazione. La voce dei pazienti dice che inizia ad essere presente e ad essere un elemento forte per il suo ruolo nella Sanità italiana.

La sua evoluzione è stata significativa: l’aumento della conoscenza è salito del +17% per i cittadini e ha superato l’80% nei pazienti. Anche i livelli di utilizzo sono aumentati.

Ma il cittadino come viene a conoscenza del FSE? Prevalentemente attraverso il medico MG.

Perché ha iniziato a usarlo? Soprattutto per ragioni legate alla pandemia (Green Pass, tampone, ricetta elettronica). Per quanto riguarda i pazienti, è uno strumento che può avere un valore ai fini della connessione nel percorso di cura, ad esempio per scaricare i  referti.

Qui la potenzialità dello strumento inizia a esprimersi e trasferisce benefici tangibili nel senso di:

  • Evitare gli spostamenti non necessari;
  • Avere i documenti sanitari raccolti in un unico luogo virtuale;
  • Fornire uno strumento ai medici per organizzare i dati di ogni singolo paziente.

L’elemento critico è rappresentato dall’alimentazione del FSE da parte delle Aziende Sanitarie. La priorità di investimento riguarda gli strumenti per la raccolta dei dati e l’alimentazione del FSE. E dispone di un budget significativo, pari a 142 milioni € (+46%).

La valorizzazione del dato è però in fondo alle priorità. Viene infatti percepita come significativamente più importante la sua raccolta.

Anche l’istituzione dell’EHDS, un’iniziativa europea, rappresenta una sfida per l’Italia, In particolare, su:

  • Sistemi di miglioramento della governance dei dati;
  • Garanzia della qualità del dato raccolto (elemento della Cartella Clinica elettronica)
  • Garanzia della sicurezza, anche alla luce delle sfide attuali alla cybersecurity.

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