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Integrazione di supporto nelle patologie croniche: il ruolo del microbiota

Gli integratori alimentari possono essere utilizzati a supporto della patologia cronica: se ne parla nel nuovo incontro di formazione e aggiornamento organizzato da Sifap e SIFO "La galenica continua online", con un approfondimento sul ruolo del microbiota

Nelle considerazioni di tipo medico e farmacologico effettuate allo scopo di formulare schemi terapeutici, anche di supporto, per le malattie croniche, dobbiamo tenere conto della realtà batterica che ci accompagna, il microbiota.

Ne parlano gli esperti invitati da Sifap e SIFO in occasione del nuovo incontro del ciclo La Galenica continua online dal titolo Integrazione di supporto nelle patologie croniche, moderato da Stefano Loiacono, Farmacista Ospedaliero ULSS 1 Dolomiti Belluno e Componente Area Galenica Clinica SIFO.

L’integrazione di supporto nelle patologie del tratto gastroenterico

Il microbiota è l’insieme dei batteri presenti nell’intestino, pesa 2 chili circa complessivamente e rappresenta una sorta di organo all’interno di un organo. Per la sua consistenza, la sua organizzazione e la sua struttura è difficile interpretarlo come un semplice ospite.

La microflora è composta per il 95% da germi anaerobi e per il restante 5% da germi aerobi.

La sua presenza condizione la digestione, il metabolismo e l’assorbimento dei nutrienti. Ognuno di noi digerisce e assorbe in rapporto al suo apparato gastroenterico, che è il risultato di caratteristiche acquisite a livello ereditario e di interazioni ambientali. Per queste ragioni, non è esagerato sostenere che la salute nasce nell’intestino, così come condizioni come la magrezza e patologie quali il sovrappeso e l’obesità.

I batteri presenti nell’intestino si nutrono di ciò che noi non digeriamo e ci forniscono sostanze fondamentali fra cui gli acidi grassi a catena corta, le vitamine e alcuni minerali.

Il ricambio cellulare come meccanismo di difesa

“L’intestino è il secondo cervello”, ricorda Alessandro Limardi, Medico Chirurgo specialista in cardioangiochirurgia Azienda Sanitaria Napoli 1. Limardi spiega che questo organo percepisce la qualità molecolare del cibo introdotto e, in funzione di quello che viene introdotto con l’alimentazione, invia comandi specifici. Inoltre, attraverso la secrezione di ormoni e neurormoni invia messaggi al cervello, nello specifico all’ipotalamo.

Un altro aspetto interessante è rappresentato dal turn over degli enterociti. Si tratta di cellule la cui vita media è pari a circa 2 giorni. Questo aspetto promuove la difesa della mucosa dai danni derivanti dal contatto con agenti aggressivi.

Il ricambio cellulare viene rallentato da fenomeni quali la stipsi, che quindi espone la mucosa a rischi aggiuntivi.

L’importanza dell’acqua

La digestione è costituita fondamentalmente da una serie di reazioni di idratazione, che si verificano in presenza di enzimi. Ogni atto alimentare richiede la presenza di 7-10 L di acqua all’interno del lume intestinale. Questo significa che, se non si beve a sufficienza, viene richiamata acqua dal sangue.

Limardi sfata dunque il mito secondo cui non bisogna bere durante i pasti.

Il contributo dell’acqua durante i pasti è molteplice:

  • aiuta la funzionalità intestinale
  • garantisce la giusta idratazione intestinale
  • migliora l’efficienza degli enzimi pancreatici fluidificando in maniera corretta il succo pancreatico
  • migliora il transito del cibo all’interno dell’intestino.

Una carenza di idratazione altera la funzionalità intestinale e impedisce la crescita di batteri utili nel microbiota. In controtendenza rispetto alle acquisizioni della scienza, l’offerta commerciale della maggior parte delle aziende della filiera propone, purtroppo, alimenti molto poveri di acqua libera.

La composizione del microbiota

L’insieme dei batteri che costituiscono la microflora va inteso come universo chiuso, nel quale queste specie competono fra loro. In un’ottica di protezione della salute e prevenzione delle patologie croniche, dobbiamo quindi privilegiare i cibi che favoriscono lo sviluppo di specie utili per la funzione dell’intestino, che, proliferando, inibiscono la crescita delle specie causa di reazioni di fermentazione e putrefazione. Un esempio di specie dannosa è quella dei Firmicutes, la cui presenza straordinaria genera problemi nel metabolismo del glucosio ed è connessa all’insorgenza del diabete di tipo 2.

I fattori che influenzano la composizione del microbiota e la concentrazione microbica sono:

  • pH
  • sali biliari
  • potenziale redox della mucosa
  • presenza di enzimi gastrici
  • tensione di ossigeno
  • concentrazione dei nutrienti
  • velocità del transito peristaltico: questo fattore è influenzato dalla quantità di acqua disponibile.

Tantissime specie batteriche presenti nell’intestino non sono coltivabili e la presenza di molte di esse dipende dalla presenza di altre.

La simbiosi fra l’uomo (un superorganismo) e il suo microbiota si è consolidata e rafforzata nel corso di millenni di co-evoluzione. Il tentativo di comprendere e studiare questo fenomeno è anche passato attraverso la creazione di organismi animali germ-free: privi di microbiota, questi esseri sono caratterizzati da mucose molto più sottili, una velocità di transito intestinale ridotta, una biochimica intestinale alterata e un sistema immunitario intestinale molto poco sviluppato.

La disbiosi

Le alterazioni nella composizione del microbiota possono essere di vari tipi.

La disbiosi deficitaria o carenziale può essere causata dall’assunzione di farmaci (contraccettivi orali, chemioterapici, antibiotici, cortisonici), dall’esposizione alla radioterapia o da una dieta povera di fibre idrosolubili, tutte condizioni che concorrono a ridurre la presenza dei bifidobatteri. Questo tipo di disbiosi può essere alla base di disturbi come il colon irritabile o alcuni tipi di intolleranze.

Una dieta ricca di carne e a basso contenuto di fibre può portare alla disbiosi putrefattiva, correlata ad un’alterata presenza di batteroidi.

La disbiosi fermentativa è associata di frequente all’intolleranza ai carboidrati indotta da eccessiva fermentazione batterica. I sintomi associati a questa condizione includono dolore e gonfiore addominale, diarrea, stipsi e malessere.

A causa di una risposta immunitaria anomala, si può avere una disbiosi da sensibilizzazione, messa in relazione con alcune patologie infiammatorie croniche come la colite ulcerosa, le spondiloartropatie, la psoriasi e l’acne. La causa è ritenuta essere un deficit di sintesi di IgA. In questi casi, la dieta chetogenica, riducendo l’apporto di carboidrati semplici, inibisce l’infiammazione.

La disbiosi da funghi è provocata da organismi quali la candida e produce manifestazioni come astenia, infiammazioni dei tratti urinari (cistite nelle donne e prostatite negli uomini), gonfiore e dolore addominale, intolleranze alimentari e micosi vaginale.

Il microbiota e le malattie cardiovascolari

La dieta può alterare il metabolismo intestinale e portare a conseguenze quali ipertensione, obesità e diabete. Risulta pertanto di particolare importanza l’esecuzione di esami in grado di monitorare la composizione del microbiota e rilevi la presenza di eventuali anomalie.

Il dysbiosis test indaga sulla presenza di indolo e scatolo, due metaboliti del triptofano che si formano a seguito di reazioni di putrefazione che si verificano rispettivamente a livello del tenue e del crasso.

Lo Stool Flora Scan fornisce indicazioni sul tipo di disbiosi presente.

L’impatto del microbiota sulle condizioni di salute generale dell’organismo è sorprendente. La comunità scientifica ha individuato una delle ragioni alla base dell’aumento ponderale dopo la cessazione del fumo da sigaretta, che sembra risiedere nell’aumento della capacità della microflora di estrarre energia dal cibo, come pubblicato in un celebre articolo apparso su Nature.

L’integrazione di supporto nelle terapie oncologiche

La terapia oncologica è caratterizzata da una complessità in parte intrinseca e in parte legata anche alla comunicazione fra medico e paziente, esasperata se la cura avviene a domicilio, al di fuori dell’ambiente ospedaliero e quindi in un contesto nel quale la sicurezza può essere più a rischio.

Per fare fronte a questi aspetti della cura, si è sviluppato un approccio di medicina complementare e alternativa (CAM), che deve essere personalizzato e che coinvolge l’intero team multidisciplinare che segue il paziente. Ne parla, nel corso della sua relazione, Nicola Nigri, Farmacista ospedaliero PO Foligno-USL Umbria e Componente Area Galenica Clinica SIFO.

Alla persona in terapia oncologica deve infatti essere fornito supporto, anche psicologico, allo scopo di migliorare la sua qualità di vita e potenziare i benefici delle cure farmacologiche, in ogni caso insostituibili.

La CAM comprende pratiche che agiscono su mente, corpo e spirito, prodotti naturali e interventi sullo stile di vita.

Conoscere il paziente

Il farmacista deve contribuire, nel suo ruolo, alla comunicazione efficace con il paziente, al suo ascolto e alla sua educazione del paziente.

Da molti sondaggi si evince che i pazienti hanno paura di parlare con medico o farmacista delle CAM perché temono di essere giudicati negativamente. Un atteggiamento utile, quindi, potrebbe essere quello di creare le condizioni perché la persona malata di cancro possa sentirsi libera di esplorare tutte le risorse potenzialmente utili al miglioramento delle sue condizioni e di parlarne con il proprio medico o farmacista senza timori. Questo spingerebbe molte più persone a cercare terapie laddove le probabilità di trovare risposte scientifiche è maggiore, e non già su Dr Google.

Un secondo aspetto importante è quello di capire perché un determinato paziente è interessato a questo tipo di soluzioni e presso quale fonte si è informato di questo argomento, cercando di indirizzarlo verso risorse online verificate.

Il terzo punto è quello della sicurezza. Naturale non significa necessariamente sicuro. Al contrario, gli estratti vegetali sono potenzialmente connessi ad un rischio superiore di reazione avversa e interazioni farmacologiche, perché testati da molti meno studi clinici.

A questo proposito, possono essere consigliati alcuni portali presso i quali informarsi in tema di sicurezza, come Intercheck dell’Istituto di Scienze Farmacologiche Mario Negri, IBM Micromedex Solutions e quello di ARTOI.

Piante e sicurezza

La cannabis medica viene impiegata in oncologia in particolare per il suo effetto antiemetico e per la stimolazione dell’appetito, ma può avere interazioni pericolose con molti farmaci.

Un’altra pianta spesso utilizzata in questi ambiti è la Boswellia serrata, che contribuisce a ridurre l’edema dovuto alla chemioterapia e alla radioterapia, ma anche in questo caso occorre prestare attenzione alle possibili interazioni rischiose.

Lo stesso ragionamento vale per i prodotti a base di curcumina, che vengono usati per limitare gli effetti collaterali chemioterapia, ma che sono correlati ad interazioni potenzialmente letali con alcuni dei farmaci oncologici. E per l’aloe, i cui derivati non possono essere assunti contestualmente a sostanze quali i digitalici e il warfarin.

Come diverse ricerche hanno dimostrato, lo stesso microbiota gioca un ruolo non indifferente nella riuscita della cura, in particolare nel caso dell’immunoncologia.

Inoltre, occorre introdurre una precisazione sull’assunzione degli antiossidanti (come la vitamina C) durante la chemioterapia: se presi in quantità eccessiva, questi supplementi possono contrastare l’attività farmacologica degli antiblastici.

L’integrazione di supporto della terapia oncologica

Gli integratori alimentari sono prodotti largamente usati e protagonisti di molta parte della comunicazione in ambito salute. Ma se ne parla sempre con competenza e rigore scientifico?

Questa interessante domanda apre la presentazione di Cosimo Violante, Farmacista e Tesoriere Sifap.

Aumentando la qualità del counselling offerto dai farmacisti su questi temi, un obiettivo raggiungibile con formazione e aggiornamento continui, è possibile promuovere una diversa percezione sociale.

In questa prospettiva, il medico e il farmacista dovrebbero dedicare molta attenzione all’ascolto del paziente, all’effettiva comprensione del suo problema, all’orientamento verso il prodotto più indicato (che non sempre coincide con quello che egli cita avendolo visto in una pubblicità) e verso fonti di informazione verificate.

La galenica apre molti spunti: dal punto di vista dell’allestimento, l’integratore alimentare può, a seconda dei casi, essere classificato come prodotto magistrale o come prodotto salutistico. Ma serve un approccio più scientifico e completo alla fitoterapia.

Per la terapia oncologica, Violante ricorda l’importanza dell’assunzione (rispettando le dosi consigliate) degli antiossidanti e dei depurativi: per la prima categoria cita alcune preparazioni a base di NADH, coenzima Q10 e N-acetil-cisteina mentre per la seconda decotti o forme solide che contengono estratti vegetali di carciofo, cardo mariano e boldo.

 

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