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Differenze di genere in medicina: COVID-19 e malattie cardiovascolari

Le diverse manifestazioni cliniche e la variabilità delle risposte ai trattamenti tra uomini e donne richiedono attenzione e formazione specifiche

Le differenze di genere in medicina devono essere considerate in tutte le fasi di prevenzione, diagnosi e cura. Riguardano infatti la frequenza delle malattie, i sintomi, la gravità, le risposte ai farmaci e sono dovute a fattori sia biologici sia socioculturali.

L’approccio di genere nella pratica clinica è dunque un presupposto fondamentale per una medicina personalizzata, rispondente alle esigenze del singolo paziente, pertanto più efficace e sostenibile.

Le differenze di genere si sono rese particolarmente evidenti durante la pandemia da COVID-19.

Differenze di genere nell’infezione da SARS-CoV-2

Sesso e genere svolgono un ruolo importante nel determinare la severità del quadro clinico di COVID-19. Le donne sono risultate maggiormente suscettibili (come accade per le malattie infettive virali in generale), mentre gli uomini hanno spesso una prognosi peggiore.

Inoltre, sebbene i dati sulla sindrome Long COVID (persistenza di sintomi) siano ancora esigui, essi al momento evidenziano che le donne avrebbero il doppio delle probabilità di sviluppare tale complicanza, come spiega Nicoletta Orthmann, coordinatore medico-scientifico di Fondazione O.N.D.A. (Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna e di genere).

Nicoletta Orthmann aggiunge che si stanno conducendo numerosi studi sui fattori chiamati in causa nel determinare tali differenze patogenetiche e di progressione della malattia, quali:

  • maggiore propensione degli uomini al tabagismo,
  • risposte immunitari innate e adattative più pronte ed efficaci nelle donne,
  • mantenimento di elevati livelli del recettore ACE2 anche in caso di infezione grazie agli estrogeni nelle donne, diminuzione di tali livelli per azione degli androgeni negli uomini,
  • possibile maggiore espressione di ACE2 nei polmoni delle donne dovuta al fatto che ACE2 è codificata da regioni del cromosoma X che sfuggono all’inattivazione normalmente casuale di uno dei due cromosomi X nelle donne.

Per esempio, potrà essere utile condurre studi specifici anche retrospettivi sul ruolo degli ormoni sessuali e della terapia ormonale sostitutiva nelle donne. Un altro campo di indagine potrà essere quello dei geni che sfuggono all’inattivazione di uno dei due cromosomi X nelle cellule femminili e dei loro regolatori.

Si cercherà così di individuare strategie di prevenzione di cura specifiche per donne e uomini, senza dimenticare che le implicazioni sociali della pandemia stanno colpendo più duramente le donne in termini di disoccupazione, povertà e violenza.

Differenze di genere in cardiologia

Le patologie cardiovascolari rientrano tra le principali cause di morte nel sesso femminile dove causano un maggior numero di complicanze più gravi e quindi prognosi peggiori.

La percezione del rischio cardiovascolare resta però ancora piuttosto bassa, le donne infatti tendono a sottovalutare i sintomi. Le loro manifestazioni cliniche, inoltre, sono spesso difficilmente diagnosticabili. È quindi più probabile che l’infarto miocardico non sia riconosciuto nelle donne rispetto agli uomini.

Altre differenze riguardano l’angina pectoris: è più frequente che nelle donne non sia complicata, mentre negli uomini tende a evolvere verso l’infarto. Anche la morte improvvisa è più frequente negli uomini rispetto alle donne.

I fattori di rischio di malattia cardiovascolare sono inoltre specifici per genere e nelle donne sono anche influenzati dalle interazioni ormonali. Il rischio prodotto dal fumo, per esempio, nelle donne è da 2 a 4 volte maggiore rispetto a quanto osservato negli uomini. Ancora, è stato dimostrato che la forte associazione tra ipertensione arteriosa, mortalità precoce e insorgenza di coronaropatia è maggiore nel sesso femminile che in quello maschile e non esiste un valore soglia al di sotto del quale il rischio scompare.

Per quanto riguarda le terapie, si usano farmaci studiati prevalentemente su campioni maschili soprattutto nelle fasi di sviluppo, quando coinvolgere le donne nella sperimentazione è particolarmente complicato dalle diverse fasi della vita riproduttiva e dalla più massiccia presenza di comorbidità.

Ictus nelle donne

L’ictus nelle donne rappresenta un problema grave e a lungo trascurato, nonostante la patologia cerebrovascolare acuta rappresenti un’importante causa di morte nel sesso femminile.

I cambiamenti della vita riproduttiva femminile modificano epidemiologia, espressione dei fattori di rischio, caratteristiche cliniche e prognostiche dell’ictus.

L’incidenza dell’ictus è maggiore nelle donne fino ai 30-34 anni, minore nella fascia di età intermedia, per poi aumentare progressivamente dopo la menopausa e arrivare ad essere significativamente più alta dopo i 75 anni.

L’aumento di incidenza nelle giovani donne è dovuto a fattori di rischio specifici quali emicrania con aura, terapia estroprogestinica e gravidanza.

Inoltre, per la maggior frequenza di sintomi d’esordio atipici e di forme rare, le donne sono esposte a un maggior rischio di diagnosi errata e di ritardato/mancato riconoscimento della malattia. Questo riduce la probabilità di usufruire degli interventi di ricanalizzazione sistemica e/o endovascolare in grado di modificare significativamente e positivamente la prognosi.

Anna Cavallini, direttore Unità Complessa Neurologia d’Urgenza e Stroke Unit presso l’IRCCS Fondazione Mondino di Pavia, spiega che l’ictus nelle donne è una epidemia incombente. Sottolinea che nel prossimo futuro dovrà essere riconosciuta la priorità alla ricerca sull’ictus in fase acuta e cronica nel sesso femminile al fine di contenerne l’impatto socio-economico perché esiste ancora un’importante barriera nella sua comprensione dovuta alla scarsa rappresentatività delle donne negli studi clinici nonché a ragioni di tipo culturale e psicologico.

Differenze di genere nella fibrillazione atriale e nell’anticoagulazione

La fibrillazione atriale è il maggior fattore di rischio modificabile di ictus, di malattia cardiovascolare e di mortalità.

Il rischio di stroke nella fibrillazione è eterogeneo tra uomo e donna; diversi studi hanno infatti dimostrato che le donne presentano rispetto agli uomini un rischio di ictus incrementato e un rischio di sanguinamento particolarmente elevato, anche durante il trattamento con antagonisti della vitamina K.

L’utilizzo dei nuovi farmaci anticoagulanti orali, che rispetto agli antagonisti della vitamina K sono associati a una ridotta incidenza di emorragie intracraniche, si è dimostrato particolarmente sicuro ed efficace nel sesso femminile.

Lo dimostra, ad esempio, un’analisi pre-specificata dello studio ENGAGE AF-TIMI 48 che aveva lo scopo di valutare il profilo di efficacia e sicurezza dell’anticoagulante orale diretto edoxaban nelle donne rispetto agli uomini. Dei 21.105 pazienti arruolati in questo studio, 8.040 erano donne; rispetto agli uomini le donne erano più anziane, avevano un peso corporeo inferiore, avevano maggiori probabilità di avere ipertensione e disfunzione renale ma meno probabilità di fumare, bere alcolici, avere il diabete o la malattia coronarica. Nonostante molte differenze nelle caratteristiche di base tra donne e uomini, edoxaban ha dimostrato rispetto al warfarin simile efficacia tra i sessi e una riduzione del rischio di sviluppare sanguinamenti con un beneficio amplificato nelle donne rispetto agli uomini.

Piera Angelica Merlin, dirigente Medico Cardiologo presso l’A.O. Ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano, sottolinea l’importanza di comprendere le differenze di genere nell’anticoagulazione dei pazienti con fibrillazione atriale per stabilire le migliori misure preventive da adottare nel lungo termine e guidare la scelta del trattamento anticoagulante più efficace e sicuro.

La formazione dei medici per una “Cardiologia al Femminile”

In occasione della Giornata Internazionale delle Donne, Daiichi Sankyo Italia e Fondazione O.N.D.A. supportano l’iniziativa “Cardiologia al Femminile”, due corsi di formazione tenuti da cardiologhe italiane, al fine di sensibilizzare la classe medica sulle tipicità di genere in ambito cardiovascolare.

I webinar hanno infatti l’obiettivo di offrire un approfondimento sul tema, con focus su fase post-menopausale, incidenza dell’ictus tromboembolico nella donna e differenza nella risposta alle terapie anche in relazione a Covid-19, per la quale le stesse malattie cardiache rappresentano uno dei principali fattori di rischio.

Alle relazioni scientifiche seguirà una tavola rotonda al femminile per un confronto sull’equilibrio di genere nel settore sanitario, considerato ormai una questione di health policy.

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