La nutrizione artificiale inquadra un vero e proprio atto terapeutico: il ruolo del farmacista può esprimersi nella personalizzazione delle preparazioni, finalizzata a soddisfare il bisogno nutrizionale del singolo paziente.
Se ne è discusso, attraverso le relazioni di farmacisti di comunità e ospedalieri, nel webinar Nutrizione enterale e parenterale, parte del percorso di formazione e aggiornamento La Galenica continua online.
L’evento è stato organizzato da SIFO e Sifap e moderato da Davide Zanon, farmacista ospedaliero IRCCS Burlo Garofolo di Trieste e componente dell’Area Galenica Clinica SIFO.
La nutrizione artificiale domiciliare
Marco Metalla, titolare di Farmacista di Comunità a Milano, apre il webinar con una relazione sull’esperienza della sua farmacia nell’allestimento di sacche per la nutrizione domiciliare.
Gli step iniziali dell’attività comprendono la compilazione di un modulo prescrittivo e la verifica dei formalismi. La prescrizione per le sacche finalizzate alla nutrizione artificiale domiciliare è ripetibile.
La miscela allestita in farmacia ha una stabilità massima pari a 30 giorni, in accordo con l’Art. 10 delle NBP.
Vengono effettuate prove di convalida interne che possono portare a due esiti. Nel caso al termine del processo valutativo il farmacista proceda all’accettazione della formula, sottoscrive un documento con cui si assume la responsabilità della preparazione, limitatamente agli aspetti che gli competono.
Se, al contrario, non è in condizioni di approvarla, attiva un canale di confronto con il prescrittore per individuare il compromesso migliore.
La preparazione
L’allestimento delle sacche per la nutrizione artificiale avviene mediante un sistema automatico di riempimento in camera sterile sotto flusso laminare, nel rispetto dei requisiti previsti dalle GMP.
In accordo all’Art. 11 delle Norme di Buona Preparazione, la compliance alla normativa prevista garantisce la sterilità del prodotto. Il laboratorio nel quale viene eseguito l’allestimento dovrebbe essere certificato ISO 9001.
Le sacche sono costituite di materiale plastico (EVA, etilene vinil acetato) permeabile alla radiazione luminosa. Quindi, per garantire stabilità è necessario che gli elementi più a rischio, tipicamente lipidi e vitamine, siano presenti all’interno di un sottocomparto e aggiunti alla preparazione poco prima dell’infusione.
La conservazione della sacca deve avvenire fra 2 e 8°C, al fine di limitare il potenziale di ossidoriduzione dei componenti.
I controlli sul prodotto finito
Viene eseguito il controllo della velocità a cui viene infusa la miscela, che serve a verificare che sia rispettata la velocità massima consentita.
Viene poi effettuata la verifica colorimetrica, in base ad una scala internazionale, in particolare del colore giallo, che è un indice di ossidazione.
In terza battuta viene verificata l’etichetta.
Per quanto riguarda i controlli microbiologici e particellari, si effettua il prelievo da una sacca di un campione, che viene posto in coltura per la verifica della conta batterica. Sono anche dosate eventuali endotossine batteriche; viene eseguita la conta particellare.
Quale tipologia di pazienti
Le persone che necessitano di sacche per la nutrizione domiciliare sono prevalentemente pazienti long term, spesso con patologie autoimmuni che coinvolgono il tratto gastroenterico, come la sindrome dell’intestino corto. I pazienti short term hanno invece breve aspettativa di vita e di solito vengono indirizzati all’utilizzo di sacche prodotte dall’industria.
Si tratta di soggetti fragili e questo rende particolarmente importante la costruzione di un rapporto di fiducia con il farmacista, che attribuisca la giusta importanza agli aspetti emotivi e di empatia, anche e soprattutto in un’ottica di terapia a lungo termine.
Prima di attivare la nutrizione parenterale è importante che essi e i loro caregiver ricevano informazioni adeguate.
Per migliorare la qualità di vita del paziente, l’infusione viene effettuata generalmente di notte. Pertanto, la pompa infusionale deve consentire l’infusione nelle 10-12 ore.
Le sacche devono essere prelevate dal frigorifero qualche ora prima dell’infusione.
Per la corretta programmazione del lavoro e gestione delle risorse, è molto importante che il farmacista riceva per tempo la schedulazione degli allestimenti e possa tempestivamente gestire anche gli aspetti logistici (ricordiamo che il prodotto deve rimanere sempre fra 2 e 8°C).
La nutrizione artificiale neonatale
Ogni anno nel mondo nascono 15 milioni circa di neonati prematuri. Come precisato da Ilaria Sconza, Farmacista ASL Taranto e Componente Area Galenica Clinica SIFO, la prematurità rappresenta la principale causa di morte in questa fascia di età.
Più è basso il peso, maggiore è il rischio: per questo la nutrizione parenterale è particolarmente importante per i neonati prematuri.
La nutrizione parenterale è la somministrazione di nutrienti realizzata bypassando il sistema digerente, mediante un’infusione diretta nel torrente circolatorio. Si tratta di un vero e proprio trattamento medico che riduce la morbilità e la mortalità del paziente, previene possibili complicanze e migliora la qualità di vita.
Quando deve iniziare? In base alle linee guida NICE dovrebbe essere istituita subito dopo la nascita, con dosi crescenti per soddisfare il bisogno.
Viene gestita da un team multidisciplinare composto da farmacista ospedaliero, un neonatologo, un infermiere, un nutrizionista ed un gastroenterologo pediatrico.
Nutrizione standard e nutrizione personalizzata
La nutrizione artificiale standard viene realizzata con vere e proprie specialità medicinali dotate di AIC prodotte dall’azienda e presenti nel mercato. Di facile reperibilità, questi prodotti presentano però dei limiti.
Il principale è rappresentato dalle esigenze nutrizionali spesso molto variabili di questi pazienti.
Per soddisfare meglio le esigenze nutrizionali del singolo neonato si ricorre all’allestimento di sacche personalizzate, preparazioni galeniche a tutti gli effetti.
I fabbisogni nutrizionali
I fabbisogni nutrizionali dipendono dagli indici antropometrici, biochimici e immunologici dei pazienti.
Il fabbisogno energetico viene calcolato con la formula di Harris-Benedict, che tiene conto delle caratteristiche della persona che deve essere alimentata.
I macrolementi che devono essere presenti si possono distinguere in macronutrienti a scopo solo proteico (proteine) e macronutrienti a solo scopo energetico, rappresentati dai carboidrati (in particolare il glucosio) e dai lipidi (presenti in forma di emulsioni).
L’apporto idrico deve essere adeguato.
I microelementi sono rappresentati da elettroliti e vitamine.
Per quanto riguarda i primi, occorre aggiungerli (specialmente sodio, potassio e cloro) tenendo conto dello stato di idratazione e della presenza di eventuali malattie dei sistemi emuntori.
Le vitamine (sia liposolubili che idrosolubili) rappresentano una criticità in fase di allestimento e di conservazione, perché sono vulnerabili a variabili fisiche come la temperatura e l’esposizione alla luce. La loro introduzione nella sacca deve avvenire all’ultimo momento e la sacca deve essere schermata dalla luce.
La presenza degli oligoelementi è di estrema importanza, anche se occorre prestare attenzione ad elementi come rame e manganese (nei pazienti con colestasi) e selenio e zinco (nei soggetti con insufficienza renale).
La preparazione delle miscele
L’allestimento dovrebbe essere centralizzato nella Farmacia Ospedaliera, dove viene eseguito manualmente o automatizzata per mezzo di macchine compounders, sotto cappa a flusso laminare.
La sequenza di miscelazione è fondamentale per la stabilità della preparazione.
Occorre anche prestare speciale attenzione nella valutazione di eventuali incompatibilità: spesso si tratta di fenomeni non assoluti, che l’operatore può governare, ad esempio controllando la temperatura e seguendo il corretto ordine di miscelazione.
La nutrizione parenterale nel neonato deve essere correttamente monitorata, anche nelle sue complicanze metaboliche.
In chiusura Ilaria Sconza sottolinea che, laddove possibile, è importante anche spiegare alla famiglia l’importanza di questo approccio terapeutico e di tutte le procedure ad esso associate.
La nutrizione artificiale nei pazienti critici
Un paziente su 4 fra quelli che giungono in ospedale è malnutrito: se il 35% degli anziani non è nutrito in maniera adeguata, in ospedale questa percentuale arriva fino al 65%.
Antonella Risoli, Dirigente CTF| UOC Farmacia del Presidio Ospedaliero “S.S. Annunziata” di Cosenza e componente dell’Area Galenica Clinica SIFO, ricorda che la malnutrizione è una malattia che condiziona l’evoluzione di numerose patologie acute e croniche, in particolare traumi, interventi chirurgici, sepsi, malattie croniche e oncologiche.
La popolazione geriatrica è ad alto rischio di malnutrizione, perché nell’anziano si instaura un circolo vizioso specifico: la riduzione dell’attività fisica porta all’inappetenza, la quale favorisce la sarcopenia, aspetto che limita ancora di più il movimento. La riduzione della massa muscolare porta ad una diminuzione dell’efficienza respiratoria e ad altre condizioni che peggiorano il quadro clinico.
Un adeguato regime alimentare, la pratica di un’attività fisica moderata ma regolare e l’assunzione di integratori al bisogno potrebbero prevenire questi rischi.
Quando si procede con la nutrizione artificiale
Se il paziente arriva in ospedale malnutrito, la sua nutrizione deve essere integrata con supplementi orali. Se anche con queste risorse aggiuntive le sue condizioni non migliorano, bisogna prendere in considerazione l’ipotesi di procedere con la nutrizione enterale o parenterale.
La scelta fra le due procedure dipende dalla funzionalità intestinale: se esiste anche una minima parte di intestino funzionante, bisogna sempre sfruttarla, anche al fine di tutelare la presenza del microbiota. Quando anche la nutrizione enterale è sufficiente a colmare il bisogno, la scelta della procedura parenterale è obbligata.
Per pazienti critici come quelli ricoverati in terapia intensiva, la valutazione e la conseguente decisione in merito devono essere rapide ed essere raggiunte al massimo entro le 24 ore.
I fabbisogni energetici e nutrizionali
La nutrizione deve essere adeguata al paziente: un soggetto malnutrito non può essere portato ad un carico nutrizionale completo da subito, ma si deve iniziare con un carico all’80% circa, da aumentare progressivamente.
Non è semplice stimare i bisogni di un paziente critico, soprattutto se non è collaborante.
Occorre effettuare una valutazione nutrizionale ed una valutazione metabolica.
Viene utilizzata allo scopo la formula di Harris-Benedict, tenendo conto anche della condizione straordinaria di stress cui è sottoposto il soggetto, che può portare ad un aumento del 50% del fabbisogno nutritivo.
La calorimetria indiretta
Il metodo più semplice per la valutazione del fabbisogno nutritivo nel paziente non collaborante si basa sulla misurazione della quantità di CO2 emessa, che permette di risalire alla gravità della sarcopenia.
Il paziente critico sottoposto a stress acuto è soggetto a ipercatabolismo, proprio la condizione che si deve evitare.
La valutazione deve essere sia quantitativa che qualitativa.
In particolare, è fondamentale valutare il fabbisogno proteico, che in condizioni normali arriva fino a 1 g/kg/die, ma occorre anche considerare il tipo di aminoacidi inseriti nella preparazione e scegliere la miscela adeguata fra quelle in commercio.
Le linee guida per la nutrizione in ICU
In accordo con le linee guida ESPEN, per un paziente in terapia intensiva la quantità ottimale di proteine è pari a circa 1,5 g/kg/die.
Per quanto riguarda la quantità di glucidi presenti, è bene non superare il limite di 2-5 g/kg/die.
Se è necessario aumentare il carico energetico, si può agire aggiungendo lipidi, fino ad un massimo di 2 g/kg/die. Per quanto riguarda i lipidi, oggi sono disponibili in commercio miscele di vario genere: nel paziente critico si preferisce optare per quelli a media e corta catena.