Uno studio pubblicato sulla rivista Clinico Economics ha analizzato gli accordi stipulati in Italia nel 2019 per la distribuzione per conto rilevando che rispetto alla modalità convenzionata, la DPC dei farmaci di classe A in PHT consente una dispensazione più conveniente e rispetto alla distribuzione diretta offre un servizio di migliore qualità al cittadino, garantendo una maggiore accessibilità grazie alla capillarità sul territorio.
Tuttavia, spiegano i ricercatori, l’eterogeneità territoriale degli accordi per la DPC complica la valutazione dei benefici che si possono ottenere.
Allo scopo di fornire un quadro di sintesi sul tema della DPC alla luce delle nuove disposizioni di governance farmaceutica, i ricercatori si sono occupati di:
- analizzare la variabilità degli accordi regionali stipulati dalle Regioni e Province autonome e le organizzazioni sindacali di categoria per l’attivazione o il mantenimento del servizio di DPC e di confrontare il differenziale in termini di costo del servizio;
- definire le differenti tipologie di modulazione della remunerazione adottata dalle Regioni;
- confrontare le modificazioni delle remunerazioni minime e massime;
- definire l’impatto della distribuzione diretta del farmaco sulla spesa sanitaria e la sua evoluzione nel tempo.
Un quadro disomogeneo
La valutazione economica delle modalità distributive a livello nazionale - spiegano gli autori della ricerca - risulta complessa, per via della necessità di raccogliere dati provenienti da tutte le realtà regionali.
In Italia, infatti, ogni Regione ha disegnato un proprio modello organizzativo alla ricerca della sostenibilità economica e di una buona accessibilità al farmaco per il cittadino. La presenza di diversi modelli ha dato luogo a uno scenario molto variegato sia in termini di scelte organizzative che di impatto economico.
Lo studio sottolinea anche un ulteriore elemento di variabilità nei costi, conseguente alle diverse modalità di distribuzione, legato all’impatto sui consumi farmaceutici, a seguito dei miglioramenti osservati in termini di appropriatezza d’uso e in termini di efficienza della logistica. Ad esempio, Regione Lombardia ha riconosciuto in un proprio provvedimento (DGR n. 2566 del 31.10.2014 che “…la sperimentazione della dispensazione in farmacia di alcuni farmaci riclassificati condotta nel corso dell’anno 2012 nelle ASL di Mantova, Melegnano e Pavia ha determinato un minor consumo dei farmaci per miglioramento dell’appropriatezza d’uso pari al 9,46%, cui si aggiunge un minor costo del 20,71% in parte derivante da una miglior logistica di approvvigionamento…”.
Analisi regionale
Per questo studio, i ricercatori hanno consultato leggi nazionali e regionali, Decreti ministeriali, Provvedimenti della CUF, Determine di AIFA pubblicate in Gazzetta Ufficiale o sul sito web dell’Agenzia, Determine, Deliberazioni e Decreti di Giunta Regionale e di Provincia autonoma o dei Commissari ad Acta ed eventuali allegati.
Sulla base di tutte queste informazioni riportano un quadro completo dei metodi di distribuzione per singola Regione o Provincia Autonoma.
Queste differenze rendono il servizio non equo a livello nazionale, in quanto cittadini residenti in regioni diverse o semplicemente in ASL diverse possono accedere agli stessi medicinali in modo diverso, secondo diversi canali, ricevendo trattamenti diversificati sul territorio.
Emerge dunque la necessità di sviluppare analisi approfondite per valutare tutti gli aspetti caratterizzanti i modelli distributivi attuali a partire dai costi effettivamente sostenuti dal SSN e dai cittadini, sino alla definizione dell’equità e qualità del servizio erogato.
Il mix ideale
In questo senso sono interessanti i risultati pubblicati nel rapporto OASI 2017 che, considerando una prospettiva nazionale, evidenziano come l’impiego di modalità distributive alternative (DD e DPC) sia vantaggioso per il SSN, contribuendo al contenimento della spesa farmaceutica pubblica.
L’analisi, inoltre, fornisce indicazioni su quale sia il migliore mix tra DD e DPC in termini di effetti sui costi: l’adozione di un modello misto (DD e DPC) risulta meno costosa rispetto a un modello a sola DD o a sola DPC, con una minimizzazione dei costi in presenza di un mix sbilanciato sulla DD (in un range ipotizzato fra 76% e 70% a seconda dei costi di gestione associati alla DD).
In futuro sono auspicabili il superamento dell’eterogeneità, tramite il processo di rinnovamento e perfezionamento degli accordi alla base della DPC, e l’ottimizzazione dei modelli gestionali del canale, per poter raggiungere un’uniformità di costo a livello nazionale e favorire il confronto fra i canali.
La distribuzione per conto
La distribuzione per conto (DPC) è stata introdotta dalla legge 405/2001 di conversione del D.L. 347/2001 (vedi box n.1), che ha consentito alle farmacie aperte al pubblico di entrare a far parte di un sistema distributivo pubblico dei farmaci, al di fuori della convenzione. Tale opzione è possibile grazie agli accordi tra Regioni e Aziende sanitarie e i gruppi sindacali di riferimento (Federfarma e Assofarm, riconosciute ai fini dell’Accordo di Regolamentazione dell’accesso ai tavoli negoziali per l’A.C.N. dalla SISAC, Struttura Interregionale Sanitari Convenzionati) e dei rappresentanti delle aziende di distribuzione intermedia (es. ADF).